La Cappella Palatina

La Chiesa del castello

Cappella Palatina Bosa 022Sul colle di Serravalle, all'interno delle mura del castello detto dei Malaspina, è situata, in posizione decentrata, la chiesetta dedicata a fine Ottocento a N.S. de Sos Regnos Altos. Di origini romaniche, conservò i suoi caratteri medievali (poche e insignificanti le modifiche apportate nei secoli successivi) sino a fine Ottocento, quando subì un allungamento verso est, che distrusse l'antica abside. Nel corso di lavori di consolidamento, venne alla luce un ciclo di affreschi trecenteschi di cui si era persa memoria.Tutte le pareti del blocco medievale ne erano ricoperte, opera unica in Sardegna.

Cappella Palatina BosaGli affreschi sono databili, su basi stilistiche e storiche (non esistono documenti di riferimento), al tempo in cui il maniero apparteneva al giudicato di Arborea a partire dal 1317 fino al Quattrocento. Nel 1338 era stato ereditato da Giovanni d'Arborea, fratello del giudice Mariano IV, ma questi se ne impadronì nel 1349 e ve lo imprigionò fino alla morte per peste di entrambi nel 1376. Partendo dal 'fantasma' dell'abside originaria e procedendo in senso orario, incontriamo (registro superiore, parete sud) Adorazione dei Magi, Ultima Cena, Dottori della Chiesa ed Evangelisti. Registro inferiore: processione di Sante e Santi riconoscibili da attributi e iscrizioni. Lucia, Maddalena, Marta, Giacomo il Maggiore, Eulalia, Agata, Agnese, Barbara, Vittoria, Reparata, Margherita, Cecilia, Savina, Ursula. Dopo figure non individuabili, il corteo prosegue in controfacciata (in basso) con Scolastica e infine Costantino ed Elena. E' interrotto dalla gigantesca figura di Cristoforo che, come d'uso, abbraccia tutta la parete (mutilato in alto per l'apertura di una finestra in età aragonese).

Alla sua sinistra, San Martino e il povero, e a destra San Giorgio e il drago. Sotto, il tema della Pesatura delle anime (San Michele arcangelo e la Vergine misericordiosa). Sulla parete settentrionale individuiamo i primi francescani santificati: Chiara, Antonio di Padova, Ludovico di Tolosa. Segue Imposizione delle stigmate con Francesco inginocchiato. Altri personaggi sconosciuti ci riportano all'abside perduta. Ognuno di essi illustra le virtù francescane predicate dal Santo di Assisi (umiltà semplicità carità castità generosità penitenza coraggio del martirio). In basso il racconto si chiude con Martirio di San Lorenzo, ma al centro della parete è raffigurato Incontro dei tre vivi e dei tre morti, il quadro più notevole per qualità pittorica e pregnanza simbolica sulla vanità dell'esistenza, tema portato dall'Oriente dagli stessi Minoriti e diffusosi nel nostro paese nella seconda metà del Duecento.

Sostenuti dai chiarimenti loro forniti dal monaco Macario (al centro), tre cavalieri appiedati (con uno splendido falcone) guardano sorpresi tre cadaveri distesi nei sepolcri nei diversi stati di decomposizione del corpo dopo la morte. Il primo, in alto, è appena sceso nella tomba e conserva intatti i suoi abiti eleganti. Al centro, patente è l'avanzato stato di decomposizione del defunto (serpenti, topo: simboli di un oscuro Aldilà). Il terzo è ormai puro scheletro. Il tempo di esecuzione del ciclo può fissarsi al 1340-45. Committente ne fu Giovanni d'Arborea, che chiamò ad affrescare la sua spoglia cappella una bottega toscana, il cui capomaestro conosceva i modi del grande pittore fiorentino Buffalmacco, che tuttavia filtra attraverso una sensibilità malinconica che rimanda alla pittura senese.